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Sono uno psichiatra e psicoterapeuta e per me è un piacere ed un onore fare una conversazione su questo argomento dato che è un tema che si ritrova inevitabilmente in ogni analisi ed in ogni processo psicoterapeutico che giornalmente portiamo avanti: l’emancipazione ed il superamento del rapporto genitori-figli da forme simbiotiche e di dipendenza a forme evolutive e di autonomia è infatti il problema centrale di ogni analisi, perché comunque ogni altra relazione che viviamo nella vita ritrova nelle sue modalità di fondo proprio il modo con il quale abbiamo vissuto e/o viviamo il rapporto con i genitori.

Mi invita tra l’altro a parlare di questo argomento un’associazione che si ispira a Demetra che, nei miti, rappresenta proprio l’archetipo della madre: direbbe Jung una sincronia che di certo casuale non è ed il cui significato lascio alle vostre considerazioni.

Oggi possiamo parlare di tutto ciò e possiamo gustare i meravigliosi spettacoli nel nostro teatro antico, solo perché i greci ebbero intuizioni straordinarie riguardo dinamiche psicologiche attualissime e queste intuizioni le riuscirono a rappresentare ed a mettere in scena.
Solo dopo più di due millenni queste intuizioni sono state chiarificate, spiegate ed elaborate da Freud e da Jung.

I tragediografi raccontano gli antichi miti, ma cosa sono i miti che tra l’altro esistono in ogni cultura ed in ogni società?
Il mito nasce dai sogni e dalle immaginazioni attive che emergono dagli strati comuni dei popoli e che attraverso le età hanno preso forma concreta nei miti.
Il mito nasce quindi dall’inconscio ed esprime personaggi e situazioni che corrispondono a bisogni e pulsioni dell’anima umana e che risuonano dentro di noi perché corrispondono ai nostri bisogni.
E’ per questo che ci emozioniamo quando andiamo a vedere uno spettacolo al Teatro Greco ed è per questo che non possiamo fare a meno di andare a vedere le rappresentazioni classiche, perché c’è una specie di “richiamo della foresta” qualcosa di molto familiare che viene lì rappresentato in una forma tale che possiamo però restarne spettatori.

Ma continuiamo ad approfondire per il momento il concetto di mito. Se i miti sono i sogni iniziali degli uomini, ne discende che, se permangono troppo a lungo nell’inconscio, l’inconscio collettivo invade l’uomo e lo fa agire senza la mediazione della rappresentazione e della elaborazione.
Per gli antichi greci questa elaborazione erano il racconto mitico e successivamente la rappresentazione drammatica, da Freud in poi è anche l’elaborazione analitica.
Quindi i greci hanno avuto un ruolo centrale perché seppero cogliere questi miti, li seppero scrivere e rappresentare e ciò è stata tra le prime operazioni di massa di promozione della salute mentale perché solo se questi miti, e le pulsioni che a loro sottendono, possono essere elaborati e sublimati, si può evitare che esplodano continuamente in forma confusa ed irrazionale.
Il Teatro Greco ha avuto per questo sempre una funzione catartica, pedagogica e terapeutica e ci insegna ancora oggi che la via da seguire, se non vogliamo una società incosciente ed auto-eterodistruttiva (vedi Novi Ligure), è la via della presa di coscienza della propria Ombra e dei meccanismi psichici con i quali reagiamo davanti alle esperienze della vita.
Queste funzioni del Teatro Greco si realizzano perché avviene un processo di identificazione con i personaggi che nella ambivalenza delle loro pulsioni ci fanno vivere sentimenti raccapriccianti ma insieme benefici, perché vediamo accadere agli altri ciò che minaccia noi stessi. In questa maniera avviene la purificazione di siffatte passioni: la catarsi.
Da qui discendono anche le funzioni pedagogiche e terapeutiche dato che l’uomo che conquista una coscienza tragica della vita si apre ad una percezione essenziale del vero e dell’essere e quindi diventa capace di accostarsi alla vita vivendone in pieno la meraviglia e la contraddizione della sua apparente inutilità.
“Nel sacrificio di Antigone, nella disgrazia di Ippolito, nella morte di Edipo a Colono lo spettatore può contemplare il trionfo della vita stessa che si conserva eterna e pura, malgrado il fato, i demoni, le debolezze degli dei e degli uomini”(Renata Biserni).

E per chiudere con queste notazioni sui miti, voglio anche dire che il problema non ha solo una dimensione individuale, ma ha anche e soprattutto una dimensione collettiva.
Infatti se la presa di coscienza del mito diventa anche la presa di coscienza di un popolo, questo popolo non sarà più soggetto al mito come ad un destino cieco ed inesorabile.
L’intervento della coscienza umana permette un dialogo col mito, lo trasforma e la presa di coscienza collettiva diventa indispensabile per il futuro stesso dell’umanità.
Il fatto quindi che i greci abbiano raggiunto il livello che conosciamo di sviluppo sociale, culturale e politico, diventa con queste notazioni oggi più comprensibile.

Passiamo ora a capire che cosa è il Complesso e che cosa è l’Archetipo.
Il Complesso è una struttura dell’inconscio personale e si forma dall’interazione tra gli archetipi – che sono modalità ereditarie di funzionamento che costituiscono l’inconscio collettivo – e l’ambiente esterno.
Jung diceva che l’Archetipo si eredita da una generazione all’altra e che quindi non dipende da un singolo individuo perché è patrimonio della specie.
Inoltre l’Archetipo è sempre sano mentre il Complesso può essere più o meno patologico, perché dipende dall’interazione tra le modalità ereditarie di comportamento che sono gli Archetipi e le esperienze di vita. E’ così che si forma l’inconscio personale.
I Complessi debbono emergere e debbono essere conosciuti ed elaborati sennò, come nel caso di Elettra, possono dominare l’Io cosciente e lasciare libero spazio alle pulsioni, come il matricidio in questo caso. Praticamente in questo caso, che poi è quello più frequente, è il Complesso che governa la personalità e non viceversa: questo prevalere dei Complessi sulla personalità dell’individuo è un buon metro di salute mentale ed è per questo che la presa di coscienza dei Complessi diventa fondamentale.
Lo specchietto allegato che presenta il modello della psiche secondo Jung ci può aiutare alla comprensione di tutto ciò.

Non si può comunque parlare del Complesso di Elettra senza parlare del Complesso di Edipo, il primo ad essere individuato e descritto da Freud.
Come sapete il Complesso di Edipo consiste nel desiderio sessuale nei confronti della madre del bambino maschio dai tre ai sei anni circa.
Se questo Complesso non viene risolto il soggetto vivrà una regressione inconscia a questo livello che lo porterà ad avere atteggiamenti infantili caratterizzati per es. da insicurezze, fobie, atteggiamenti di dipendenza.
Il soggetto avrà quindi un inconscia nostalgia dell’utero materno che non potendo essere soddisfatta troverà nei sintomi sopra descritti un appagamento secondario.
Nel mito questa storia è descritta nel racconto di Edipo che, dopo essere stato abbandonato piccolo dal padre per paura di un oracolo, torna da grande a Tebe, uccide il padre Laio e occupa il posto di marito nel letto nuziale della madre Giocasta.
Ma Edipo è solo il frutto di una maledetta casualità o in qualche modo Edipo sentiva, sapeva e voleva occupare il posto del padre accanto alla madre? Freud ipotizza che il dramma di Edipo nasce da un desiderio profondo ed inconscio di Edipo stesso e Pasolini per rendere ciò più manifesto nel suo “Edipo Re”, fa giacere ancora una volta Edipo e Giocasta nel letto nuziale anche dopo la scoperta dell’incesto.

Ma perché abbiamo dentro di noi questo desiderio così potente? Freud cerca di dare una risposta soprattutto nel saggio “Lutto e Malinconia” nel quale parla della vita come una continua sequenza di perdite, la cui prima è la più significativa ed angosciante: la nascita. Da quel momento in poi si susseguono esperienze di perdite in tutte le fasi evolutive della vita: la perdita del seno materno, la perdita del sentimento dell’esclusività del rapporto con la madre (simbiosi), la perdita della sicurezza della propria casa e l’inizio della scuola, il matrimonio, per non parlare delle perdite-lutti reali che si possono verificare in qualsiasi momento della vita.
Se quindi queste esperienze di perdita non vengono sopportate o elaborate o superate dall’individuo, possono verificarsi regressioni e nostalgie, come nel caso di Edipo.
Esistono comunque delle varianti dell’Edipo che sono il mito di Ippolito e Fedra che si può definire un Edipo represso perché è la madre Fedra che si invaghisce di Ippolito e questi resta insensibile alle seduzioni della madre ed a causa della repressione delle proprie pulsioni, Ippolito muore travolto dalle proprie cavalle, simbolo proprio delle pulsioni represse.
Un’altra variante dell’Edipo è la storia di Oreste, il fratello di Elettra. In questo caso siamo in presenza di un Edipo rovesciato perché Oreste uccide la madre Clitennestra per vendicare l’uccisione del padre Agamennone per mano della madre e dell’usurpatore del trono Egisto. Ma a livello psicoanalitico il vero motivo del matricidio di Oreste non è la vendetta del padre, ma il non avere tollerato la perdita della madre che si è consumata con la sua espulsione dalla regia. Quindi l’evento non è tanto quello reale della perdita della ricchezza e del benessere, ma quello psichico della perdita della madre, sentimento di perdita che non può essere accettato da Oreste che nega l’importanza dell’espulsione, nega l’importanza della madre, nega la perdita. Nasce quindi una rabbia furibonda e matura il matricidio antiedipico.
La domanda che resta quindi sullo sfondo di questa prima parte del discorso è: cosa fare della sessualità, cosa fare di questo desiderio di rientro, di questa nostalgia che non può essere realizzata?

E veniamo ora ad Elettra. Nella letteratura raramente si trova un odio così radicale verso la madre come quello di Elettra.
Del Complesso di Elettra ne parla Jung, Freud non ne poteva parlare perché la situazione di Elettra non è una situazione rovesciata dove Elettra giace col padre Agamennone ed odia la madre. Anche qui, come per Oreste, l’uccisione di Agamennone è solo un pretesto per l’odio che ha Elettra verso la madre e quindi è un problema anteriore dal punto di vista della regressione psichica, è un problema che si potrebbe definire pre-edipico perché si colloca in una fase evolutiva anteriore ai tre anni, dove il primo oggetto sessuale è la madre sia per il bambino che per la bambina, solo secondariamente la bambina avrà una propensione sessuale inconscia per il padre, mentre il bambino continuerà ad avere per tutto il periodo infantile una propensione sessuale inconscia sempre per la madre.
Possiamo dire quindi che il cammino sessuale del bambino è per questo più semplice di quello della bambina.
Diventa quindi enorme per Elettra l’odio per l’abbandono prematuro della madre perché non solo l’ha cacciata dalla reggia, ma l’ha costretta a giacere con un uomo, e che uomo, un sostituto da quattro soldi dell’Amore materno.
Allora questo è un matricidio non per rivalità, sennò sarebbe un Edipo al femminile, ma per negare la madre che le ha fatto una grande offesa narcisistica. La madre infatti non resta con lei ed anzi è come se le avesse detto: non mi piaci, non mi interessi, non ti voglio.
La nostra sensibilità narcisistica è terribile e tutte le perdite che subiamo nella vita sono riedizioni della perdita della madre, se ci facciamo caso, soffriamo anche quando perdiamo la cosa più piccola ed apparentemente sciocca che abbiamo.
E veniamo all’Archetipo della Madre. L’Archetipo della madre trova un’espressione universale come madre natura, grembo della vita, dea della fertilità e dispensatrice di nutrimento, Demetra come ricordavamo prima, fino alla Madonna e a tutto ciò che rappresenta in termini di protezione e di sicurezza.
Come è facile desumere, l’Archetipo della madre che era presente anche in Elettra, è stato fortemente frustrato da una madre come Clitennestra che era veramente lontana da questa immagine archetipica.
Elettra incapace di elaborare il suo complesso, non può fare altro che uccidere la madre.

Quindi le frustrazioni archetipiche che viviamo siamo per i fatti naturali ed evolutivi della vita, sia per effettive inadeguatezze delle nostre figure genitoriali possono o essere elaborate e superate o possono dare luogo a meccanismi psichici di difesa regressivi che nel tentativo di negare o di reprimere tali situazioni portano alla formazione o di una tale rabbia che si può canalizzare in tanti modi – contro se stessi o contro gli altri – o alla formazione di sintomi psicopatologici i più vari.
Questo forte richiamo e nostalgia verso i genitori va allora superata ed elaborata vincendo la dipendenza che possiamo continuare a sentire nel tempo. In fondo l’auspicio di Alex Britti di volere restare a vivere sempre in una vasca non è altro che questa riedizione moderna e inconsapevole di una problematica psicologica molto importante e fondamentale.

Per finire personalizzo ed attualizzo un po’ il discorso.
Innanzitutto voglio dire che quello che conta alla fine è il bisogno profondo che abbiamo ognuno di noi di una pulsionalità regressiva e rassicurante dell’utero materno, della protezione, e la nostra libido, in senso non solo sessuale ma di energia in genere si dirige nella direzione che maggiormente assicura ciò.
L’equilibrio psichico si verifica quando c’è uno sviluppo progressivo dei 4 sistemi affettivi fondamentali:
-Sistema piccolo-madre-padre
-Sistema dei pari
-Sistema eterosessuale
-Sistema materno o paterno
Nell’adulto tutti e quattro i sistemi sono presenti anche se ne prevalgono alcuni rispetto ad altri.
Se restiamo fermi al primo sistema, in particolare, è un problema.

Ma possiamo oggi parlare di Elettra senza parlare di Erika?
Restando alla nostra terminologia la mia ipotesi è che Erika ha subito una profonda ferita narcisistica ed una frustrazione dell’archetipo materno e più in generale del sistema affettivo piccolo-madre-padre, non tanto o non solo per una carenza in sé di questo sistema, ma per un erroneo sbilanciamento verso il sistema dei pari ed eterosessuale che le ha fatto assolutizzare altri obiettivi archetipici. Di conseguenza non ha avuto la forza di tollerare la frustrazione inevitabile del dissenso dei genitori nel sistema piccolo-madre-bambino e dal conflitto-complesso che ne è nato si è scaricata una carica pulsionale omicida volta anch’essa a negare la possibilità di un conflitto e di una sua inevitabile necessità di elaborarlo e di superarlo.

Ma questa è solo un’ipotesi, ciò che a noi deve restare è l’importanza di riconoscere la nostra Ombra ed i nostri Complessi e lavorarci.
Il Teatro è una delle possibili strade.